IL TRIBUNALE

    A     scioglimento    della    riserva    espressa    all'udienza
dell'11 novembre  2003  nel procedimento avente ad oggetto il reclamo
del p.m. avverso l'ordinanza in data 12 settembre 2003 del magistrato
di   sorveglianza   di   Bari  di  concessione  del  beneficio  della
sospensione  condizionata  dell'esecuzione  della  pena  detentiva ai
sensi  della legge n. 207/2003 nei confronti di Capone Emanuele, nato
a Bari il 2 marzo 1944, ivi res., via Lombardia n. 1;
    Sentite  le  parti,  su conforme parere del s.p.g., ha emmesso la
seguente ordinanza.

                              In fatto

    Con  ordinanza  in  data  12 settembre  2003,  il  magistrato  di
sorveglianza  di  Bari  concedeva  a  Capone  Emanuele,  in  epigrafe
generalizzato,    il   beneficio   della   sospensione   condizionata
dell'esecuzione  della  parte  finale  della pena detentiva, ai sensi
della  legge  n. 207/2003,  in  relazione  alla  condanna di cui alla
sentenza 22 dicembre 1998 g.i.p. del tribunale di Bari.
    Con  atto  pervenuto in data 20 settembre 2003, il p.m. presso il
Tribunale  di Bari proponeva reclamo avverso la predetta ordinanza ai
sensi  dell'art. 2,  comma 2,  legge  succitata,  lamentando l'errata
applicazione   della  legge  in  questione  nella  parte  in  cui  il
magistrato  di  sorveglianza aveva ritenuto di applicare il beneficio
anche  a  soggetto  nei  confronti  del  quale  fosse  intervenuto un
provvedimento  di  revoca di misura alternativa; e cio', in contrasto
con  l'art. 1,  comma  3,  lett.  d),  della  legge  n. 207/2003 che,
escludendo  dal  beneficio  della  sospensione  dell'esecuzione della
parte  finale  della pena detentiva le persone che, dopo la condanna,
fossero  state  ammesse  a misure alternative alla detenzione, poneva
una  preclusione anche nei confronti di colore che - come il Cirone -
pur  ammessi a misure alternative, ne avessero successivamente subito
la revoca.
    Per  tali  motivi  il  p.m.  reclamante  chiedeva al tribunale di
sorveglianza  la riforma del provvedimento impugnato o, in subordine,
la   proposizione  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  comma  3,  lett. d), nella parte in cui consente che la
sospensione  condizionata  dell'esecuzione  della  parte finale della
pena detentiva operi anche nei confronti della persona condannata che
abbia subito la revoca di una misura alternativa alla detenzione.

                             In diritto

    Ad  avviso  del  collegio,  la  questione  appare rilevante e non
manifestamente infondata.
    Invero,  l'art. 1,  comma 3,  lett.  d),  della legge n. 207/2003
esclude   dalla   concessione   del   beneficio   della   sospensione
dell'esecuzione  della  parte  finale della pena detentiva le persone
che,  dopo la condanna, siano state ammesse a misure alternative alla
detenzione;  e'  il  caso  del  Capone  che,  con ordinanza di questo
tribunale  di  sorveglianza  in  data  31 ottobre 2002, fu ammesso al
regime di semiliberta', subendo poi la revoca del beneficio.
    Ora,  l'art. 7  della legge n. 207/2003 (che testualmente prevede
che  «Le disposizioni della presente legge si applicano nei confronti
dei  condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di esecuzione
della  pena  alla data di entrata in vigore della medesima»), ha solo
il  valore di norma di chiusura, destinata ad individuare il criterio
temporale  per  l'applicazione del beneficio di nuova istituzione, ma
non  anche  di  individuare  le condizioni sostanziali, soggettive ed
oggettive,  per l'ammissione e/o l'esclusione del beneficio, che sono
invece  previste  dall'art. 1 della legge in questione. La lettera d)
di  tale  articolo  prevede, tra le condizioni ostative, l'ammissione
del  condannato  ad  una  misura  alternativa alla detenzione, ma non
anche  l'attualita'  di  tale  condizione:  pertanto,  la  condizione
ostativa  deve ritenersi integrata anche nei confronti dei condannati
nei  cui  confronti  la  misura alternativa alla detenzione sia stata
revocata successivamente all'ammissione.
    Una  diversa  interpretazione  della  norma  -  fondata  sul dato
meramente  letterale  -  appare  in  contrasto  con  la Costituzione,
perche'  ancora  ad  un  dato  meramente  temporale  (essere  o  meno
sottoposto  a misura alternativa alla data di entrata in vigore della
legge) l'ammissione al beneficio, la cui applicazione risulterebbe in
tal  modo  dipendente  da  una  circostanza  meramente  aleatoria, in
violazione  del  principio  di  ragionevolezza. Per altro verso, poi,
essa  discrimina  ingiustamente  la  condizione di chi, essendo stato
ammesso  a  misura  alternativa  alla detenzione, non abbia subito la
revoca della stessa e che pertanto, avendo rispettato le prescrizioni
di   legge,   verrebbe   escluso   dal  beneficio  della  sospensione
dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva, a differenza
di  chi  abbia  subito  la  revoca  di  misura  alternativa  che,  al
contrario, potrebbe fruire di detto beneficio.
    Tale  interpretazione  appare  in  contrasto  con il principio di
uguaglianza dei cittadini di cui all'art. 3 della Costituzione: se e'
vero,  infatti, che tale principio viene pur sempre rispettato quando
le situazioni disciplinate diversamente non siano identiche fra loro,
e'  anche  vero,  pero',  che  nel  caso  in  esame la condizione del
condannato  cui sia stata revocata una misura alternativa e' diversa,
ma  senz'altro  deteriore, rispetto a quella di chi, ammesso a misura
alternativa,  non  ne  abbia  subito  la revoca. Il primo dunque, pur
trovandosi  in  una  situazione soggettivamente deteriore rispetto al
secondo,  potrebbe  pero'  ugualmente  fruire  del beneficio, con una
vistosa  ed  ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a chi,
originariamente  nella  sua stessa condizione, abbia invece tenuto un
comportamento  osservante  delle  prescrizioni,  come  tale in teoria
meritevole  di  maggiore  tutela  (e che pertanto sarebbe addirittura
legittimato al perverso gioco di farsi revocare la misura alternativa
pur   di   fruire   in   seguito   della   sospensione   condizionata
dell'esecuzione della pena!).
    Ne  consegue  che  il  mancato inserimento, tra le cause ostative
alla  concessione  del  beneficio introdotto dalla legge n. 207/2003,
delle  ipotesi di cui all'art. 58-quater legge n. 354/1975 appare per
un verso irragionevole (l'art. 58-quater vieta infatti la concessione
di  misure  le  cui prescrizioni sono ben piu' rigorose di quelle del
beneficio  de  quo,  sicche'  non  appare razionale un sistema che, a
fronte  di determinati comportamenti del condannato, gli neghi per un
certo   periodo  dei  benefici  penitenziari,  ma  nel  contempo  gli
riconosca  il  diritto  di  ottenerne  immediatamente  un  altro piu'
favorevole),  e  per  altro  verso  contrastante  con  i  principi di
uguaglianza  e  di finalita' rieducativa della pena (la legge de qua,
difatti,  pare  concedere  al condannato autore di trasgressioni agli
obblighi o persino di reati in corso di misura alternativa - cioe' ad
un  soggetto  rivelatosi  per facta concludentia poco affidabile - un
beneficio  che,  contestualmente,  nega  invece  al  condannato  che,
essendo  stato  ammesso  a  misura  alternativa e non avendo commesso
violazioni,  si  presenta sicuramente come piu' meritevole), sicche',
in  definitiva,  non  manifestamente infondata appare la questione di
legittimita'  costituzionale della disposizione de qua nella parte in
cui  consente  l'ammissione  al  beneficio  di coloro i quali abbiano
subito la revoca, per fatto colpevole, della misura alternativa.
    Infine,  in  punto  di  rilevanza va evidenziato che la decisione
della  presente questione appare determinante ai fini della pronuncia
di questo collegio al proposto reclamo.